A 47 anni mi sono ritrovato qui nella terra dei Vichinghi: la Danimarca, a fare cosa? Boh! Ancora non lo ho capito bene, so solo che ho sempre desiderato vedere questi posti e conoscere i discendenti dei tanto famigerati e terribili uomini del Nord.
Sarà stata colpa della serie Tv Vikings? Sarà perché il mio caro nonno materno era un mastro d’ascia che costruiva barche partendo da un albero quasi allo stesso modo di questi antichi navigatori? Non lo so, questo popolo e questa terra hanno sempre suscitato una strana attrazione su di me.
Devo anche ammettere che (moda dei Vichinghi a parte) ci sono stati anche altri fattori che mi hanno spinto a lasciare la mia casa, i miei anziani genitori, un mezzo lavoro comunque dignitoso e tutto ciò che ho (nel mio piccolo) costruito con immensa fatica e sudore in questi ultimi 5 anni.
Il primo motivo è che in Italia si vive male. Tutti conosciamo il triste e folle teatrino che è diventato il nostro amato Bel Paese. La corruzione, il pressapochismo, la sporcizia e tante altre belle cosine che ormai (ohimè) ci hanno reso tristemente famosi.
Il down culturale ed una estrema superficialità della maggioranza delle persone hanno reso la vita una cosa impossibile agli Italiani, quelli veri, quelli che ogni giorno “lottano duramente per guadagnare ONESTAMENTE la pagnotta” e che ancora possiedono un minimo di senso critico e di pensiero. Mi viene difficile pensare ad un futuro in un paese cosi malridotto.
Il secondo motivo è la consapevolezza che le difficoltà aumenteranno e che sarà davvero difficile portare avanti una vita dignitosa e prepararsi una vecchiaia decente.
Dopo quello che io chiamo “il grande down della mia vita” ho cercato in tutti i modi di creare la mia dimensione, la mia isola felice, fatta di cose semplici ma vere, fatta di sacrificio e tanta tanta fatica sia fisica che mentale. Ho rinunciato a molte cose, ho fatto un bagno di umiltà e ho cominciato ad investire tempo e denaro su cose pratiche, faticose ma per me piacevoli e soddisfacenti. Ho imparato a prendermi cura di diversi tipi di piante, a sistemare le siepi in modo impeccabile, a falciare i prati grandi e piccoli in modo (quasi) professionale. Ho imparato le basi della lavorazione del legno e comprato una marea di utensili. La soddisfazione di costruire cio che serve, di riparare quello che si rompe o di dare nuova vita alle cose usate mi davano più gioia e benessere di un qualsiasi aperitivo o serata in giro per la città. Ero riuscito a creare un laboratorio attrezzato per fare di tutto. Con sudore e lavoro sono riuscito a comprare tutto (o quasi) ciò che serve per fare giardinaggio ad un discreto livello, senza chiedere nulla a nessuno…
Ma poi sono arrivati la pandefollia ed annesso circo politico/mediatico, un malgoverno sempre piu soffocante, siccità e caldo torrido perenni, gli aumenti incontrollati dei prezzi a 360° hanno fatto si che io, a 47 anni quasi suonati prendessi una decisione molto difficile: andare via!
Il terzo motivo che mi ha letteralmente spinto fuori da quella che doveva essere la mia isola felice sono stati il destino e la fatalità. Tutta una serie di eventi, di incroci, di casualità, ammesso che quest’ultima esista hanno fatto si che io mi ritrovassi a scrivere queste righe qui a circa 4000 Km di distanza da casa mia.
Una settimana fa questo viaggio era solo una bozza di progetto, una idea lontana, poi magia (buona o cattiva ancora non lo so) mi si presenta una occasione, prendere o lasciare, quindi: decidere se partire subito e fare il salto nel buio oppure rimanere ancora un po’, attendere qualche mese, valutare, ecc ecc ecc..
Bene, ovviamente ho scelto il salto. Ora o mai più!
Ma bando alle ciance e passiamo al sodo, quindi chiudiamo qui questa premessa e passiamo al diario di bordo vero e proprio.
Buona lettura.
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